Milano, è mattina, c’è un po di sole, solito caffè nel salone dove L’Oréal accoglie il nostro arrivo. Ci aspettano delle ore di riunione, di discussione e… la sempre attesa serata da trascorrere insieme, piacevolmente, cena, musica. Sto ridendo sotto i baffi, avevo scoperto la sorpresa, avevo intuito il luogo dove ci avrebbero ospitato. Ma la vita la sorpresa l’aveva già preparata a me.
Mi sento accarezzare la spalla, chissà, uno dei tanti amici, mi volto… Fabio Reposi!!!! Il più grande degli amici che il caso e la vita mi avevano fatto incontrare. Quattro anni tra i più belli della mia gioventù trascorsi sempre insieme, dividendo casa, soldi, gioie, avventure e i classici problemi degli studenti universitari. In comune inoltre avevamo la propensione a dare il giusto valore alle cose o almeno ci provavamo con grande convinzione. Un legame di affetto che la distanza e la vita di tutti i giorni non hanno incrinato. Ci abbracciamo, sono sorpreso, contento, cerco di capire. Aspetta e vedrai.
Intuizione! Già sapevo del suo impegno per le adozioni a distanza, della grandezza del suo cuore non avevo bisogno di fare sforzi di memoria; pian piano inizio a capire. Sale sul palco con Tullio Dariol che nel frattempo ho conosciuto e insieme raccontano di una attività in cui sono seriamente impegnati di aiuti, di coinvolgimento, cose belle e tristi allo stesso tempo. La Roche-Posay, l’azienda di dermocosmesi per la quale ho sempre avuto grande passione sarà partner nel sostenere, insieme ai farmacisti che lo vorranno, la loro associazione: Farmacisti in aiuto Onlus. Mi passo la mano sul cuore, batte sempre ancora forte per i valori. Io mi impegnerò fortemente. Non ho neanche bisogno di comunicarlo al mio grande fotografo, il caso vuole che sia lì con me, ad appassionarsi all’idea, ad entusiasmarsi mentre io libero i pensieri e il progetto è già tutto costruito nella mia mente.
Poi a Roma, incontro all’accademia L’Oréal. Qualcosa avevo già saputo, ma vagamente. Vedremo cosa succederà, pensavo.
Arriva Elena, la vedo da lontano, la saluto. Salta, mi viene incontro, saremo compagni di viaggio, esultiamo insieme, il nostro sforzo è stato apprezzato. Appena sufficiente il tempo di pensare che per la compagnia del viaggio eravamo salvi, perché Elena è un’amica e la pensiamo allo stesso modo, che mi presentano Ludovica, anche lei dei nostri. Bene, benissimo, con Federico (referente La Roche-Posay) abbiamo fatto poker!
Sono veramente contento. Paura di quello che succederà? Per la verità si, abbastanza; ma sono convinto, è un’esperienza da fare.
Viaggio verso Roma, iniziamo a mandarci qualche foto per trascorrere il tempo. Il clima è veramente bello e al momento dell’incontro l’emozione che fino ad allora aveva scandito il tempo dei nostri battiti si scioglie nell’entusiasmo per l’avventura che ci aspettava. Viaggio in aereo, non dormo, guardo un paio di film, rifletto, conto le ore. Sosta a Dubai, Ludovica forse accecata dallo sfarzo sproporzionato dell’aeroporto smarrisce il passaporto, speriamo bene; corro verso un addetto: lost and found? a 20 metri, corro, mi dicono di averlo ritrovato; torno indietro, ma Federico capace compagno di viaggio, e Ludovica avevano già recuperato il documento.
Si riparte per arrivare in India nell’aeroporto di Tiranuvancanpur. In realtà il nome non è proprio esatto, ma io lo ricorderò così e questo in fondo è il mio racconto. Usciamo dall’aereo, la calda carezza umida che ci accompagnerà per i prossimi cinque giorni ci accoglie insieme a Lele e Fabio. Lele (Raffaele) ex ragioniere generale del comune di Rimini oggi in pensione e Fabio, infermiere. Ancora oggi non riesco a trovare le giuste parole per descrivere la bellezza di queste due persone. La bontà, la generosità, la capacità di gestire e affrontare qualsiasi problema. Ti verrebbe voglia di abbracciarli in qualsiasi momento, forte ed intensa la commozione per il ricordo che conserverò per sempre di loro. Sono allegri ci fanno salire sulla loro macchina e si parte per l’avventura, con i sorpassi pazzeschi, con i continui colpi di clacson. Siamo in un mondo diverso, nessuno si innervosisce. In Italia si azzufferebbero in continuazione, qui tutti si salutano. È un altro mondo.
Non continuerò con il racconto, con l’insieme di ricordi di questi giorni che porterò per sempre con me. Bellissime le cose scritte da Elena, Ludovica. E Federico, capace per i suoi anni di una immensa maturità.
A casa porterò tre parole nel cuore: occhi, dignità, sorrisi.
Occhi. Occhi intensi, luminosi, belli, pieni di vita, che ti aprono il cuore, che lo scavano dentro. Sguardi da non dimenticare mai, di una mamma che nel suo dolore guarda la sua piccola creatura soffrire, senza potersi rivolgere a nessuno se non ai nostri amici. Occhi di un padre che guarda i suoi figli che senza aiuto non potranno studiare, che per sopravvivere deve assorbire tutta la disponibilità economica della famiglia, occhi di una moglie che guarda il povero marito immobilizzato a letto a causa di un destino crudele e prepara il cibo a terra. Niente cucina, i soldi servono per i medicinali.
Occhi che sanno vedere più dei nostri dove si nasconde la bellezza.
Dignità.
La dignità di uomini che lottano con la vita, che con sforzi atroci resistono per stare accanto alle loro persone care, di chi rinuncia a tutto pur di salvare un padre, un marito, un figlio. La dignità di un uomo capace di rinunciare alle sue cure pur di avere la porta di un bagno difficilmente identificabile, oggi un lenzuolo legato come meglio si può che probabilmente non garantisce l’intimità per le figlie e per una moglie di una magrezza impressionante. La dignità di chi ha bisogno di tanto, di tutto, ma non chiede nulla e accetta la sua condizione senza implorare pietà, offrendo il pochissimo che anche non ha, una tazza di tè, una spremuta di limone per dimostrarti gratitudine anche se non hai fatto ancora nulla. La dignità di una piccola folla di persone che ti ringraziano per aver donato loro un piccolo poliambulatorio.
Sorrisi.
Sorrisi che ti riempiono di struggente commozione, di tanti bambini che vogliono farsi una foto con te, che ti accarezzano la mano, sorrisi che ti abbracciano accettando con gioia una penna, cingendoti il collo con fiori, sorrisi con le mani giunte, sorrisi per le piccole grandi gioie di un album da colorare che i nostri figli non guarderebbero, sorrisi mai rubati. Il sorriso di una ragazza malata, senza casa, senza cibo, senza medicinali, ma che sorride, saluta. Il sorriso della madre che può proteggerla solo con l’ affetto, che può offrirle solo il suo calore.
Una casa l’avrà, mano sul cuore. E provo ad immaginare quel momento e quel sorriso sicuramente splendente.
Si torna a casa, la vita di tutti i giorni non ci travolgerà di nuovo, almeno stavolta.
Arrivo infine al ringraziamento che devo a tutti dal profondo del cuore, ho scoperto nuovi amici.
Grazie Ludovica, per aver sconfitto in breve e con forza il tuo mal di viaggio. E soprattutto per aver donato a quella donna la immagine di Maria Vergine, a rappresentare e ricordare la nostra cristianità, l’amore per il prossimo.
Grazie a Federico per averci aiutato. Per averci dimostrato che possiamo decisamente puntare sulle giovani generazioni. Grazie per averci fatto assistere alle tue più ardite evoluzioni culinarie.
Grazie a te, Elena, per averci donato una parte della dinamite che porti sempre con te, fonte sempre di inesauribile entusiasmo per la vita.
Grazie a te, Fabio, pace fatta col mio concetto di umanità.
Grazie infine e soprattutto a te, Lele per il tuo infinito sorriso e per la tua sensibilità, grazie Namastè, grazie Farmacisti in aiuto.
È stato irripetibilmente bello.